Un centinaio di zelanti cattolici californiani ha preso
una pagina del quotidiano The Chronicle per chiedere al Papa di “rimuovere” il
loro vescovo. Si tratta di monsignor Salvatore Cordileone, arcivescovo di San
Francisco, entrato in diocesi nel 2012.
Si dà il caso che il prelato sia il presidente del Comitato
di Difesa del matrimonio della Conferenza episcopale americana, e in California
è noto per il suo coraggio nel difendere l’istituto matrimoniale da ogni
ideologia che tenti di indebolirlo o mistificarlo. Ma, non solo. Recentemente
l’arcivescovo Cordileone è salito agli onori della cronaca perché ha rivisto il
contratto degli insegnanti delle scuole cattoliche, inserendo il rispetto di
alcuni punti di dottrina, cioè quelli riferiti alla morale sessuale, alla
contraccezione e all'uso delle cellule staminali. Per questo ha già subito
violenti attacchi, perfino sul New York Times.
Ora arriva questa richiesta di “rimozione” indirizzata
direttamente al Papa e che accusa il vescovo, tra l'altro, di aver favorito
sacerdoti che “ostacolano la partecipazione delle donne nella Chiesa escludendo
le ragazze dal servizio all'altare”; di avere un' agenda “monotematica” contro
le unioni tra persone dello stesso sesso; e di non ascoltare i sacerdoti
anziani della propria diocesi. “Sembra”, ha dichiarato Frank Pitre, un avvocato
firmatario, “che stia andando in una direzione che è completamente opposta a
quella di Papa Francesco e sta creando un clima di intolleranza totale”.
Nibby Brothers, un'altra firmataria, dice che monsignor
Cordileone “sta solo causando un sacco di discordia, specialmente tra i giovani
della diocesi”. A titolo di cronaca possiamo ricordare che la diocesi in
questione, quella di San Francisco, era conosciuta come una delle più liberal
degli States prima della nomina di Cordileone.
Il problema, secondo la Brothers, sarebbe proprio nel
messaggio promosso dal vescovo, una pastorale che allontanerebbe i fedeli in
quanto in disaccordo rispetto a come le pecorelle di San Francisco “conducono
la loro vita”. Quindi, secondo queste opinioni, sembra debba essere il mondo a
dettare l’agenda della Chiesa, e favorire così non lo sviluppo, ma una vera e
propria evoluzione del dogma.
Dalla diocesi è scaturito un comunicato molto chiaro che
rileva come questo annuncio a mezzo stampa sia inficiato da “un travisamento
dell'insegnamento cattolico, un travisamento della natura del contratto degli
insegnanti, e un travisamento dello spirito dell'arcivescovo”. E, conclude il
comunicato, “il più grande travisamento di tutti è che i firmatari presumono di
parlare per la Comunità cattolica di San Francisco”.
Fedele alla linea, monsignor Cordileone, che tra l’altro
è uno dei quattro membri americani per il prossimo sinodo di ottobre, è uno dei
principali promotori della prossima “March for marriage” (Marcia per il
Matrimonio) che si terrà il 25 aprile a Washington. La marcia viene promossa
dalla Conferenza episcopale a stelle e strisce, con l’intento di far sentire la
voce dei cattolici in merito ad un'importante decisione che la Suprema Corte di
Giustizia sta per prendere proprio in merito all’istituto del matrimonio. Nel
messaggio ai vescovi, firmato da Cordileone e da monsignor Malone, si fa
presente che questa decisione della Corte ha la stessa portata di quella che fu
presa nel caso Roe vs. Wade che dichiarò l’aborto un diritto. Ora la posta in
palio riguarda la necessità di preservare la definizione legale di matrimonio
come unione tra un uomo e una donna.
I cento firmatari incolpano monsignor Cordileone di avere
uno stile pastorale ed un linguaggio troppo duri su certi temi, e, per questo,
sarebbe troppo distante dallo stile inclusivo del Papa. A questo punto sarebbe
interessante capire se hanno letto l’ultimo intervento del Pontefice a
proposito dell’ideologia gender. Perché potrebbero avere qualche sorpresa.
O cristianismo não é uma coisa do passado, vivido como se olhássemos sempre para trás, para os tempos evangélicos, mas sempre novo, pois está marcado pela presença constante de Jesus Cristo, que está no meio de nós, e que é de hoje, ontem, amanhã e toda a eternidade. Na história da humanidade, encontramos “pegadas” de Deus. Este blogue procura, humildemente, mostrar alguma delas.
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segunda-feira, 20 de abril de 2015
La sinistra di Maometto
Ecco alcune notizie degli ultimi giorni:
Rispose: “Io penso che l’Europa o ridiventerà cristiana o diventerà musulmana. Ciò che mi pare senza avvenire è la ‘cultura del niente’, della libertà senza limiti e senza contenuti, dello scetticismo vantato come conquista intellettuale, che sembra essere l’atteggiamento dominante nei popoli europei, più o meno tutti ricchi di mezzi e poveri di verità. Questa ‘cultura del niente’ (sorretta dall’edonismo e dalla insaziabilità libertaria) non sarà in grado di reggere all’assalto ideologico dell’islam che non mancherà: solo la riscoperta dell’avvenimento cristiano come unica salvezza per l’uomo – e quindi solo una decisa risurrezione dell’antica anima dell’Europa – potrà offrire un esito diverso a questo inevitabile confronto”.
Biffi concluse che “i ‘laici’, osteggiando in tutti i modi la Chiesa, non si accorgono di combattere l’ispiratrice più forte e la difesa più valida della civiltà occidentale e dei suoi valori di razionalità e di libertà: potrebbero accorgersene troppo tardi”.
Antonio Socci - Da “Libero”, 19 aprile 2015
1) la strage di 147 studenti cristiani compiuta dagli islamisti
all’Università di Garissa in Kenya;
2) le minacciose invettive del presidente islamico turco per l’evocazione
da parte di papa Bergoglio del “genocidio” di un milione e mezzo di cristiani
armeni, un secolo fa;
3) un ragazzo bruciato vivo in Pakistan perché cristiano;
4) i combattenti islamisti in Siria bombardano i quartieri cristiani di
Aleppo facendo decine di morti;
5) secondo alcune notizie dalla Nigeria, le 200 studentesse cristiane
rapite da Boko Aram sarebbero state uccise;
6) quindici migranti islamici fermati dalla polizia a Palermo per aver
buttato in mare dodici migranti cristiani a causa della loro fede.
E’ un orrore che va avanti da tempo. Ricordo un numero della rivista di
geopolitica “Limes” che già nel 2000 scriveva: “Il cristianesimo è la
religione più perseguitata del mondo. Conta migliaia di vittime; i suoi fedeli
subiscono torture e umiliazioni di ogni tipo. Ma l’opinione pubblica
occidentale… non concede a questo dramma alcuna attenzione”.
Ha un bel chiedere – in questi giorni – Lucia Annunziata “dov’è la
sinistra” davanti al massacro degli studenti cristiani in Kenya. La risposta è
“non pervenuta”.
VICINANZA ALL’ISLAM
Del resto l’opinione pubblica che conta, quella sinistra liberal o ancora
marxisteggiante che dilaga sui media e nelle istituzioni scolastiche, manifesta
di frequente disprezzo verso quei principi e quella storia cristiana su cui
sono fondati la nostra libertà e il nostro benessere. L’Europa tecnocratica poi
sembra smaniosa di cancellare le tracce di tutto ciò che è cristiano (in
Francia siamo al ridicolo: si epura perfino la toponomastica).
Si progettano pure disegni di legge che potrebbero limitare proprio la
libertà di espressione dei cristiani magari in nome delle nuove bandiere
ideologiche della sinistra, come l’omofobia.
Ma la stessa sinistra che qua è pronta a fare le barricate per i cosiddetti
“diritti civili” appare muta di fronte – non dico ai cristiani perseguitati –
ma all’umiliante condizione delle donne nei paesi islamici e al brutale
trattamento lì riservato alle persone omosessuali.
L’astioso pregiudizio contro il cristianesimo delle élite “progressiste” va
di pari passo con il loro benevolo pregiudizio verso l’Islam. Del quale non si
vogliono riconoscere nemmeno i massacri.
D’altronde cosa fece la Sinistra marxista di un tempo con i crimini del
comunismo? Negò quelle atrocità finché poté, poi pretese di ridurli a
degenerazioni locali, scomunicando chi riteneva che invece il problema fosse lo
stesso marxismo-leninismo.
Oggi la Sinistra progressista vuol farci credere che il terrorismo non
c’entra niente con l’Islam. E ignora le stragi (soprattutto di cristiani) che
hanno costellato tutta la storia dell’Islam e della sua sanguinosa espansione.
Si arriva al punto di
capovolgere la storia e far passare i cristiani per aggressori evocando a
rovescio le crociate (le quali tentarono semplicemente di limitare i danni
dell’invasione islamica di terre cristiane).
L’ignoranza storica si accompagna alla cecità ideologica, perché l’Islam
più che una religione come il cristianesimo, è una teologia politica come il
marxismo.
Il laicissimo Bertrand Russel in un suo saggio sul bolscevismo scriveva che
fra le religioni il bolscevismo doveva essere paragonato piuttosto all’Islam
che al cristianesimo. Quest’ultimo infatti è una religione personale con una
sua spiritualità, una mistica, una teologia. Invece “Islamismo e Bolscevismo
sono religioni pratiche, sociali, non spirituali, impegnate a conquistare il
dominio del mondo terreno. I loro fondatori non avrebbero resistito alla terza
tentazione nel deserto di cui parla il Vangelo”.
L’Islam infatti comporta un’ideologia totalitaria simile al comunismo, ma
anche al fascismo e al nazismo (Eric Voegelin ha ampiamente mostrato che sono
diverse maschere riemergenti della gnosi).
Come ha spiegato Samir Khalil Samir, “l’Islam nasce fin dall’inizio come
progetto socio-politico e anche militare: ciò è evidente sia nel Corano sia
nella sunna, nella tradizione che include la vita e i detti di Maometto. Per un
musulmano religione e politica sono indissolubili”.
DOMINIO
Maometto è stato un formidabile condottiero e ha fondato una teologia
politica universalista funzionale alla conquista dell’Arabia e poi al dominio
del mondo.
A chi crede che oggi il problema sia rappresentato solo da pochi
fondamentalisti violenti e non dall’Islam in sé, risponde Samuel Huntington:
“Millequattrocento anni di storia dimostrano il contrario. L’Islam è l’unica
civiltà ad aver messo in serio pericolo, e per ben due volte, la sopravvivenza
dell’Occidente”.
“Per quasi mille anni” aggiunge Bernard Lewis “dal primo sbarco moresco in
Spagna al secondo assedio turco di Vienna, l’Europa è stata sotto la costante
minaccia dell’Islam”.
Credere che siano cose del passato o limitate – oggi – ad Al Qaeda e
all’Isis è da illusi (del resto chi ha inventato e sostiene l’Isis?). L’Islam per sua natura punta al mondo intero.
Monsignor Bernardini, arcivescovo di Smirne, al Sinodo dei vescovi del 1999
riferì: “Durante un incontro ufficiale sul dialogo islamo-cristiano, un
autorevole personaggio musulmano, rivolgendosi ai partecipanti cristiani, disse
a un certo punto con calma e sicurezza: ‘Grazie alle vostre leggi
democratiche vi invaderemo; grazie alle nostre leggi religiose vi domineremo’ ”.
Hanno già cominciato con l’enorme pressione dei grandi capitali
petroliferi, da una parte, e con l’immigrazione incontrollata dall’altra. Una
tenaglia che già si stringe sull’Inghilterra, come pure sulla Francia (vedi il
romanzo “Sottomissione” di Houellebecq).
Quanto all’Italia il pensiero dominante ha emarginato una voce profetica
come quella di Oriana Fallaci. Chissà come avrebbe tuonato – lei che era stata
partigiana – sapendo della controversia sul 25 aprile di quest’anno fra la
presenza delle insegne della “Brigata ebraica” (che partecipò alla liberazione
dell’Italia) e la bandiera palestinese che “non ha nulla a che vedere con le
truppe Alleate e in quel momento storico” ha ricordato Pacifici “era dalla
parte dell’occupante”.
IL METODO BIFFI
Oltre alla Fallaci è rimasta inascoltata la voce del cardinale Biffi. Ecco
le sue parole del 2000: “Oggi è in atto una delle più gravi e ampie
aggressioni al cristianesimo (e quindi alla realtà di Cristo) che la storia
ricordi. Tutta l’eredità del Vangelo viene progressivamente ripudiata
dalle legislazioni, irrisa dai ‘signori dell’opinione’, scalzata dalle
coscienze specialmente giovanili. Di tale ostilità, a volte violenta a
volte subdola, non abbiamo ragione di stupirci”, perché era stato profetizzato
nel Vangelo, “ci si può meravigliare invece degli uomini di Chiesa che non
sanno o non vogliono prenderne atto”.
Poi Biffi ricordò una sua intervista di alcuni anni prima, dove gli fu
chiesto: “Ritiene anche lei che l’Europa sarà cristiana o non sarà?”.Rispose: “Io penso che l’Europa o ridiventerà cristiana o diventerà musulmana. Ciò che mi pare senza avvenire è la ‘cultura del niente’, della libertà senza limiti e senza contenuti, dello scetticismo vantato come conquista intellettuale, che sembra essere l’atteggiamento dominante nei popoli europei, più o meno tutti ricchi di mezzi e poveri di verità. Questa ‘cultura del niente’ (sorretta dall’edonismo e dalla insaziabilità libertaria) non sarà in grado di reggere all’assalto ideologico dell’islam che non mancherà: solo la riscoperta dell’avvenimento cristiano come unica salvezza per l’uomo – e quindi solo una decisa risurrezione dell’antica anima dell’Europa – potrà offrire un esito diverso a questo inevitabile confronto”.
Biffi concluse che “i ‘laici’, osteggiando in tutti i modi la Chiesa, non si accorgono di combattere l’ispiratrice più forte e la difesa più valida della civiltà occidentale e dei suoi valori di razionalità e di libertà: potrebbero accorgersene troppo tardi”.
Antonio Socci - Da “Libero”, 19 aprile 2015
20 aprile: Sant’Agnese Segni di Montepulciano
Agnese Segni nacque il 28 gennaio 1268 a Gracciano, piccolo borgo nei pressi di Montepulciano. Agnese sentì fin da piccola il fascino delle cose spirituali e durante una visita con i suoi familiari a Montepulciano vide le suore del "sacco", chiamate così per il rustico sacco che vestivano.
Con appena nove anni, chiese di essere ammessa in convento dove fu subito accolta. A Montepulciano restò solo il tempo necessario per la formazione religiosa di base.
Nel 1233, gli amministratori del castello di Proceno, feudo orvietano (oggi in provincia di Viterbo), si recarono a Montepulciano per chiedere l'invio di alcune suore nel loro territorio e Agnese fu tra le prescelte.
Agnese, seppur molto giovane, fu nominata superiora del monastero, per le sue doti di umiltà e il grande amore per la preghiera, per lo spirito di sacrificio (per quindici anni visse di pane ed acqua) e per l'ardente amore verso Gesù Eucaristia.
A Proceno, Agnese ricevette dal Signore il dono dei miracoli: i possessi o gli ossessionati venivano liberati solo al suo avvicinarsi, moltiplicò in più occasioni il pane e malati gravi riacquistarono la salute. Ma nei ventidue anni che resto a proceno non mancarono le tribolazioni: gravi sofferenze fisiche la tormentarono per lunghi periodi.
Nella primavera del 1306 fu richiamata a Montepulciano, dove fa iniziare la costruzione di una chiesa, come chiestogli da Maria in una visione avuta alcuni anni prima in cui la Vergine le donò tre piccole pietre a questo scopo. In un'altra visione, san Domenico spinge Agnese a fare adottare alle sue suore la regola di sant'Agostino e ad aggregarsi all'ordine domenicano per l'assistenza religiosa e la cura spirituale. Numerose furono le occasioni in cui Agnese intervenne in città come paciere e risolutrice delle controversie nelle lotte tra le famiglie nobili della località.
Nel 1316 Agnese, su invito del medico e dietro le pressioni delle consorelle si recò a Chianciano, per curarsi alle terme. La sua presenza fu d'aiuto ai numerosi malati presenti nella località e Agnese operò numerosi miracoli, ma le cure termali non portarono alcun giovamento alla sua malattia, che peggiorò.
Rientrata a Montepulciano, fu costretta a letto. Ormai in punto di morte Agense rincuorava le consorelle invitandole a rallegrarsi perché per lei era giunto il momento dell'incontro con Dio, ciò avvenne il 20 aprile 1317.
I frati e le suore domenicane volevano imbalsamare il corpo di Agnese e per questo motivo furono inviati dei signori a Genova per acquistare del balsamo, ma ciò non fu necessario: dalle mani e dai piedi della santa stillò infatti un liquido odoroso che impregnò i panni che coprivano il corpo della santa e ne furono raccolte alcune ampolle. L'eco del miracolo, richiamò numerosi ammalati, che desideravano essere unti dall'olio miracoloso.
Come scrisse il beato Raimondo da Capua, a distanza di cinquant'anni dalla morte della santa, il suo corpo era ancora intatto, come se Agnese fosse appena morta, e molti erano i miracoli di guarigione che avvenivano nella chiesa, che ormai era conosciuta come "chiesa di sant'Agnese", ma si guariva anche non appena fatto voto di recarsi a visitare la stessa. Di questi miracoli si ha anche una pubblica registrazione fatta da notai già a partire da pochi mesi dopo la morte della santa. (Maurizio Misinato)
terça-feira, 7 de abril de 2015
Supplica alla Madonna per la famiglia
O Madre fedele,
proteggi questa tua
famiglia: fa che
produca frutti di
amore, cresca in santità
e perseveri irrorata
dalla grazia celeste.
“La Terza via e’ morta travolta da tecnologia e globalizzazione”
Repubblica 3/4/2015
Intervista a Anthony Giddens di
Enrico Franceschini “Ridistribuire la ricchezza e riportare la grande industria
in Europa”. LEGGI ANCHE di Massimo L. Salvadori “Sinistra. Perché è debole e
divisa la grande eredità del ’900 (Repubblica 3.4.15)
Professor Anthony Giddens, lei è
stato il teorico della Terza via, ma cosa significa essere di sinistra oggi?
«Significa avere determinati valori. Promuovere l’eguaglianza, o almeno
limitare la diseguaglianza; attivarsi per la solidarietà, non solo dallo Stato
verso i cittadini ma anche tra privati, all’interno della propria comunità;
proteggere i più vulnerabili, garantendo in particolare un sistema sanitario e
altri servizi pubblici essenziali ai bisognosi».
Qualcuno potrebbe obiettare che sono i valori di sempre della sinistra: cos’è cambiato rispetto al passato?
«È cambiato il contesto. La globalizzazione e la rivoluzione digitale hanno frantumato le vecchie certezze. Battersi per quei valori resta l’obiettivo, ma difenderli richiede strategie differenti. Il socialismo vecchia maniera non può più funzionare come modello. Ma non funziona, l’abbiamo visto con la grande crisi del 2008, nemmeno il modello proposto dalla destra, quello di un liberalismo in cui praticamente il mercato governa il mondo. Serve allora una via di mezzo, un modello che io chiamo di capitalismo responsabile ».
La Terza via, di nuovo?
«No, perché quando formulai il modello della Terza via, poi applicato in diversa maniera da Clinton, Blair, Schroeder e altri, internet quasi non esisteva, muoveva appena i primi passi. L’accelerazione data ai cambiamenti sociali ed economici dalle innovazioni tecnologiche ha scardinato anche la Terza via, l’idea di un riformismo di sinistra che preservasse il welfare in condizioni di mercato e demografiche mutate. Oggi i supercomputer e la robotica stanno trasformando il mondo del lavoro. Non sono sicuro che i leader politici si rendano conto del livello di rivoluzione tecnologica che abbiamo imboccato».
Ce ne dia un esempio.
«Un recente studio dell’università di Oxford nota che, quando fu inventato il telefono, ci vollero 75 anni per portarlo in 50 milioni di case. Oggi, neanche dieci anni dopo l’invenzione dello smartphone, ce ne sono 2 miliardi e mezzo di esemplari in tutto il pianeta. La rivoluzione tecnologica corre più in fretta di qualsiasi altra rivoluzione politica, economica e sociale nella storia dell’umanità ».
Il Jobs Act varato dal governo Renzi in Italia è una riforma di sinistra?
«Sì. E io appoggio quello che Renzi sta facendo. Sono riforme importanti, ma da sole non bastano. Il modello del blairismo è diventato obsoleto per le ragioni che le ho appena detto».
Cos’altro potrebbe fare, Renzi?
«L’azione nazionale non è più sufficiente. Il mondo è troppo globalizzato. Occorrono riforme a livello europeo. E mi pare che il premier italiano potrebbe avere un ruolo di rilievo per cambiare l’Europa».
Come si lotta contro la diseguaglianza, da sinistra, in questo mondo globalizzato?
«Non è possibile che una ristretta élite si arricchisca sempre di più. Questa è una bolla di sperequazione pericolosa, destabilizzante. Parte di quei soldi devono essere tassati e andare verso la spesa sociale. E questo è un aspetto. L’altro è la re-industrializzazione. Non è più vero che le fabbriche debbano andare in Cina, dove del resto il costo del lavoro è in aumento. In America è cominciato un ritorno all’industrializzazione, deve cominciare anche in Europa: la deindustrializzazione europea ha colpito troppo la classe operaia».
Le sinistre radicali, in Europa, dalla Grecia alla Spagna, vedono nel saggio di Thomas Piketty sul capitale un possibile modello per un governo di sinistra.
«Piketty ha evidenziato un problema, il crescente gap ricchi-poveri, l’ingiustizia di fondo di un sistema, ma non mi pare che abbia indicato una soluzione concreta. Quando le sinistre populiste vanno al potere, non riescono a mantenere i loro obiettivi».
Blair scrive nelle sue memorie che sinistra e destra sono concetti superati, che oggi conta essere “aperti”, a immigrazione e libero mercato, o “chiusi”, cioè anti-immigrati e protezionisti.
«Io la penso come Bobbio. Sinistra e destra esistono ancora. Anche se chi è di sinistra, oggi, non può essere per la chiusura di frontiere e mercati. Il mondo è stato aperto da globalizzazione e internet. Nessuno può più chiuderlo».””
Qualcuno potrebbe obiettare che sono i valori di sempre della sinistra: cos’è cambiato rispetto al passato?
«È cambiato il contesto. La globalizzazione e la rivoluzione digitale hanno frantumato le vecchie certezze. Battersi per quei valori resta l’obiettivo, ma difenderli richiede strategie differenti. Il socialismo vecchia maniera non può più funzionare come modello. Ma non funziona, l’abbiamo visto con la grande crisi del 2008, nemmeno il modello proposto dalla destra, quello di un liberalismo in cui praticamente il mercato governa il mondo. Serve allora una via di mezzo, un modello che io chiamo di capitalismo responsabile ».
La Terza via, di nuovo?
«No, perché quando formulai il modello della Terza via, poi applicato in diversa maniera da Clinton, Blair, Schroeder e altri, internet quasi non esisteva, muoveva appena i primi passi. L’accelerazione data ai cambiamenti sociali ed economici dalle innovazioni tecnologiche ha scardinato anche la Terza via, l’idea di un riformismo di sinistra che preservasse il welfare in condizioni di mercato e demografiche mutate. Oggi i supercomputer e la robotica stanno trasformando il mondo del lavoro. Non sono sicuro che i leader politici si rendano conto del livello di rivoluzione tecnologica che abbiamo imboccato».
Ce ne dia un esempio.
«Un recente studio dell’università di Oxford nota che, quando fu inventato il telefono, ci vollero 75 anni per portarlo in 50 milioni di case. Oggi, neanche dieci anni dopo l’invenzione dello smartphone, ce ne sono 2 miliardi e mezzo di esemplari in tutto il pianeta. La rivoluzione tecnologica corre più in fretta di qualsiasi altra rivoluzione politica, economica e sociale nella storia dell’umanità ».
Il Jobs Act varato dal governo Renzi in Italia è una riforma di sinistra?
«Sì. E io appoggio quello che Renzi sta facendo. Sono riforme importanti, ma da sole non bastano. Il modello del blairismo è diventato obsoleto per le ragioni che le ho appena detto».
Cos’altro potrebbe fare, Renzi?
«L’azione nazionale non è più sufficiente. Il mondo è troppo globalizzato. Occorrono riforme a livello europeo. E mi pare che il premier italiano potrebbe avere un ruolo di rilievo per cambiare l’Europa».
Come si lotta contro la diseguaglianza, da sinistra, in questo mondo globalizzato?
«Non è possibile che una ristretta élite si arricchisca sempre di più. Questa è una bolla di sperequazione pericolosa, destabilizzante. Parte di quei soldi devono essere tassati e andare verso la spesa sociale. E questo è un aspetto. L’altro è la re-industrializzazione. Non è più vero che le fabbriche debbano andare in Cina, dove del resto il costo del lavoro è in aumento. In America è cominciato un ritorno all’industrializzazione, deve cominciare anche in Europa: la deindustrializzazione europea ha colpito troppo la classe operaia».
Le sinistre radicali, in Europa, dalla Grecia alla Spagna, vedono nel saggio di Thomas Piketty sul capitale un possibile modello per un governo di sinistra.
«Piketty ha evidenziato un problema, il crescente gap ricchi-poveri, l’ingiustizia di fondo di un sistema, ma non mi pare che abbia indicato una soluzione concreta. Quando le sinistre populiste vanno al potere, non riescono a mantenere i loro obiettivi».
Blair scrive nelle sue memorie che sinistra e destra sono concetti superati, che oggi conta essere “aperti”, a immigrazione e libero mercato, o “chiusi”, cioè anti-immigrati e protezionisti.
«Io la penso come Bobbio. Sinistra e destra esistono ancora. Anche se chi è di sinistra, oggi, non può essere per la chiusura di frontiere e mercati. Il mondo è stato aperto da globalizzazione e internet. Nessuno può più chiuderlo».””
Au Havre, les catholiques décomplexés veulent peser sur le débat public
Paris Normandie,
04/04/2015 á 23H13
Religion. Depuis
leur combat contre le mariage homosexuel, les catholiques, moqués et
caricaturés depuis des décennies, affichent leur foi sans complexes en imposant
dans le débat politique et médiatique leur vision de la famille et de la
société. Rencontre avec ces croisés du renouveau catho.
Ils vont à la messe le dimanche, possèdent les codes de la bourgeoisie bien élevée, inscrivent leurs enfants chez les scouts... Même eux s’exaspèrent des clichés qu’ils renvoient souvent à leur insu, celles des cathos coincés, prudes, ces pères la morale et ces grenouilles de bénitier, objets de moqueries et de caricatures d’une époque où le religieux n’est plus sacralisé par la majorité de l’opinion.
Pourtant, après une période de repli sur soi, les cathos retrouvent une visibilité, affichent leur foi, prennent position sur les débats de la société plus souvent quand elles blessent leur vision de la famille, de la vie, de la mort, du sexe et de l’éducation. Au Havre, terre du catholicisme social, ces nouveaux croisés n’hésitent plus à parler haut et fort, s’organisent en réseaux d’influence sans demander l’avis de l’évêque, s’affichent à contre-courant d’une société qu’il juge trop permissive, qui ne respecte pas la vie autrement que par son confort personnel... « La loi Taubira sur le mariage homosexuel a indéniablement, été un déclencheur pour de nombreux catholiques qui ont eu l’impression d’être méprisés et maltraités par les politiques » assure Xavier Lagarde, correspondant de la Manif pour Tous au Havre. « Car si on peut admettre que l’opinion des catholiques est minoritaire, on ne peut la nier, ni considérer qu’elle est illégitime. Nous avons le droit de faire connaître notre opinion sur notre vision de la société, même si elle dérange. » Si la Manif pour tous a été le mouvement où les catholiques ont été les plus visibles ces dernières années, d’autres organisations comme Alliance Vita ou les Associations Familiales Catholiques (AFC) ont choisi cette voie du combat politique, éloigné des traditionnels mouvements caritatifs et humanitaires comme le Secours catholique.
À Alliance Vita, on combat les lois sur la fin de vie, on milite contre l’avortement ; l’AFC s’est distingué sur son action face aux théories du genre à l’école, a porté plainte contre un site internet vantant l’infidélité conjugale... Alliance Vita forme ses militants dans ses combats dont celui sur l’avortement, sans doute le plus sensible, et qui renvoie une image intransigeante qui ne gène pas son responsable havrais Michel Charrière. « Pour ma part, le terme de réactionnaire me convient assez et explique mon engagement militant. Selon moi, la société actuelle part à la dérive et heurte ma foi chrétienne. Les dernières lois sur la fin de vie ou sur l’avortement confirment cette permissivité généralisée qui ne respecte pas la vie humaine. Pour moi qui crois dans les racines chrétiennes de la France que certains hommes politiques comme Vincent Peillon veulent nier, ces lois vont toujours plus loin, trop loin dans le but de banaliser l’avortement, l’euthanasie ou l’adoption par des couples homosexuels. » Xavier Chevreau, président des AFC Le Havre-Fécamp, voit son engagement comme une évidence. « Quand on est chrétien on s’engage » lance-t-il spontanément. « Et face à la fragilisation de la famille, on ne peut pas rester les bras ballants. »
Pour lui, plus que la loi Taubira, c’est le message de Jean-Paul II qui a décomplexé les chrétiens. « Même si c’est pénible d’être caricaturé, ringardisé, notre génération de cathos a pris de l’assurance, ose afficher ses convictions et ne veut plus être disqualifiée au nom de sa foi religieuse. » Au risque d’être tenté par la radicalisation ? « Dans tous les cas, l’objectif est de rester bienveillant » assure Xavier Chevreau. « Même si cette ligne de crête est, c’est vrai, difficile à tenir... » Aujourd’hui, ces militants cathos n’hésitent plus à parler de lobbying, voire d’entrisme comme le fait Yann Le Mat, militant de la Manif pour Tous, devenu adhérent de l’UMP dans le courant chrétien Sens Commun. « Pour que nos convictions soient prises en compte, il faut faire de la politique pour peser sur le débat. Et ça marche » affirme-t-il en faisant référence à Nicolas Sarkozy qui a annoncé sa volonté d’abroger la loi Taubira sous la pression publique de Sens Commun. Cette marche en avant de ces cathos décomplexés, semble prendre de court le clergé.
« Ces associations sont autonomes et ne sont pas aux ordres de l’Église » précise Monseigneur Jean-Luc Brunin, évêque du Havre. « Mais, sur le fond, j’encourage leur envie de peser sur les débats de société qui est légitime et nécessaire. Les chrétiens ne font pas la loi, mais ils ont le devoir d’alerter quand celle-ci va trop loin, quand ils sentent que la vie, à sa conception ou à sa conclusion, est en danger. » L’évêque admet y voir une forme de radicalisation assumée. « Afficher son idéal chrétien, c’est aujourd’hui être à contre-courant. Et cette radicalité catholique est à la hauteur des enjeux. » Philippe LENOIR
Ils vont à la messe le dimanche, possèdent les codes de la bourgeoisie bien élevée, inscrivent leurs enfants chez les scouts... Même eux s’exaspèrent des clichés qu’ils renvoient souvent à leur insu, celles des cathos coincés, prudes, ces pères la morale et ces grenouilles de bénitier, objets de moqueries et de caricatures d’une époque où le religieux n’est plus sacralisé par la majorité de l’opinion.
Pourtant, après une période de repli sur soi, les cathos retrouvent une visibilité, affichent leur foi, prennent position sur les débats de la société plus souvent quand elles blessent leur vision de la famille, de la vie, de la mort, du sexe et de l’éducation. Au Havre, terre du catholicisme social, ces nouveaux croisés n’hésitent plus à parler haut et fort, s’organisent en réseaux d’influence sans demander l’avis de l’évêque, s’affichent à contre-courant d’une société qu’il juge trop permissive, qui ne respecte pas la vie autrement que par son confort personnel... « La loi Taubira sur le mariage homosexuel a indéniablement, été un déclencheur pour de nombreux catholiques qui ont eu l’impression d’être méprisés et maltraités par les politiques » assure Xavier Lagarde, correspondant de la Manif pour Tous au Havre. « Car si on peut admettre que l’opinion des catholiques est minoritaire, on ne peut la nier, ni considérer qu’elle est illégitime. Nous avons le droit de faire connaître notre opinion sur notre vision de la société, même si elle dérange. » Si la Manif pour tous a été le mouvement où les catholiques ont été les plus visibles ces dernières années, d’autres organisations comme Alliance Vita ou les Associations Familiales Catholiques (AFC) ont choisi cette voie du combat politique, éloigné des traditionnels mouvements caritatifs et humanitaires comme le Secours catholique.
À Alliance Vita, on combat les lois sur la fin de vie, on milite contre l’avortement ; l’AFC s’est distingué sur son action face aux théories du genre à l’école, a porté plainte contre un site internet vantant l’infidélité conjugale... Alliance Vita forme ses militants dans ses combats dont celui sur l’avortement, sans doute le plus sensible, et qui renvoie une image intransigeante qui ne gène pas son responsable havrais Michel Charrière. « Pour ma part, le terme de réactionnaire me convient assez et explique mon engagement militant. Selon moi, la société actuelle part à la dérive et heurte ma foi chrétienne. Les dernières lois sur la fin de vie ou sur l’avortement confirment cette permissivité généralisée qui ne respecte pas la vie humaine. Pour moi qui crois dans les racines chrétiennes de la France que certains hommes politiques comme Vincent Peillon veulent nier, ces lois vont toujours plus loin, trop loin dans le but de banaliser l’avortement, l’euthanasie ou l’adoption par des couples homosexuels. » Xavier Chevreau, président des AFC Le Havre-Fécamp, voit son engagement comme une évidence. « Quand on est chrétien on s’engage » lance-t-il spontanément. « Et face à la fragilisation de la famille, on ne peut pas rester les bras ballants. »
Pour lui, plus que la loi Taubira, c’est le message de Jean-Paul II qui a décomplexé les chrétiens. « Même si c’est pénible d’être caricaturé, ringardisé, notre génération de cathos a pris de l’assurance, ose afficher ses convictions et ne veut plus être disqualifiée au nom de sa foi religieuse. » Au risque d’être tenté par la radicalisation ? « Dans tous les cas, l’objectif est de rester bienveillant » assure Xavier Chevreau. « Même si cette ligne de crête est, c’est vrai, difficile à tenir... » Aujourd’hui, ces militants cathos n’hésitent plus à parler de lobbying, voire d’entrisme comme le fait Yann Le Mat, militant de la Manif pour Tous, devenu adhérent de l’UMP dans le courant chrétien Sens Commun. « Pour que nos convictions soient prises en compte, il faut faire de la politique pour peser sur le débat. Et ça marche » affirme-t-il en faisant référence à Nicolas Sarkozy qui a annoncé sa volonté d’abroger la loi Taubira sous la pression publique de Sens Commun. Cette marche en avant de ces cathos décomplexés, semble prendre de court le clergé.
« Ces associations sont autonomes et ne sont pas aux ordres de l’Église » précise Monseigneur Jean-Luc Brunin, évêque du Havre. « Mais, sur le fond, j’encourage leur envie de peser sur les débats de société qui est légitime et nécessaire. Les chrétiens ne font pas la loi, mais ils ont le devoir d’alerter quand celle-ci va trop loin, quand ils sentent que la vie, à sa conception ou à sa conclusion, est en danger. » L’évêque admet y voir une forme de radicalisation assumée. « Afficher son idéal chrétien, c’est aujourd’hui être à contre-courant. Et cette radicalité catholique est à la hauteur des enjeux. » Philippe LENOIR
Francisco piensa viajar a Colombia y Cuba e impulsa los acuerdos entre el gobierno y la guerrilla
La
Conferencia Episcopal Colombiana espera el anuncio oficial de su visita
Francisco piensa
viajar a Colombia y Cuba e impulsa los acuerdos entre el gobierno y la
guerrilla
Las
visitas de Pablo VI y Juan Pablo II también supusieron un apoyo decidido a la
paz en el país
Francisco piensa
viajar a Colombia y Cuba e impulsa los acuerdos entre el gobierno y la
guerrilla
Las
visitas de Pablo VI y Juan Pablo II también supusieron un apoyo decidido a la
paz en el país
Religion Digital, Tierras de América, 06 de abril de 2015
(Alver
Metalli, en TierrasdeAmérica).-El mosaico latinoamericano de los viajes papales
se enriquece con una nueva pieza. En los planes futuros Francisco se asoma a
Colombia y en el horizonte se mantiene Cuba, que podría volver a ser la sede de
un histórico anuncio, después de que en enero se acordó la puesta en marcha de
un diálogo amplio entre Obama y Raúl Castro. Una vez más el Papa Francisco se
encuentra en el centro de los grandes cambios que afectan a América Latina, y
la carta que el Secretario de Estado Pietro Parolin dirigió esta semana a los
obispos de Colombia lo confirma.
Sin
establecer una fecha exacta, el Santo Padre afirma que espera "encontrarse
pronto" con el pueblo colombiano, "en el curso de uno de sus viajes a
América Latina". La carta revela también que Jorge Mario Bergoglio ha
visitado varias veces el país andino, "que ha admirado siempre la alegría
y la laboriosidad de sus habitantes" y que además "es bien consciente
de la importancia crucial del momento presente", en el que todos
"están buscando construir una sociedad más justa y fraterna".
En la
carta, el Papa alienta a las partes -gobierno y FARC- a "no perder el
ánimo", a "no perder la esperanza ante las dificultades" y a
seguir trabajando por la verdad, la justicia, la reparación de los afectados y
de las víctimas, y también en la búsqueda de mecanismos apropiados para que las
situaciones del pasado no se repitan. Lo que supone una clara referencia a la
fase actual de las tratativas cubanas. Hasta el momento el gobierno y la
guerrilla han logrado el consenso sobre tres de los seis puntos de la agenda:
propiedad de la tierra, participación política y lucha contra el narcotráfico.
El punto que se está discutiendo en este momento es el resarcimiento a los casi
siete millones de víctimas que ha dejado medio siglo de conflicto, y ha
encontrando más dificultades de lo previsto.
Al dar
la noticia del viaje papal, la prensa colombiana también lo relaciona
estrechamente con los acuerdos de paz que se discuten en Cuba. "La llegada
del Papa Francisco -afirman todos- se produce en un momento crucial para la
historia del país; su presencia en Colombia puede repercutir de manera positiva
en el final de un conflicto armado que tiene más de medio siglo". El
mensaje del Papa a través del Secretario de Estado y su intención de visitar el
país hacen pensar que este impulso puede ser resolutivo y ayudar para que se
concrete el esperado anuncio. A fines de enero, al terminar una audiencia
privada de despedida el embajador de Colombia ante el Vaticano, Germán Cardona
Gutiérrez, aseguró que "el Sumo Pontífice podría visitar el país en el caso
eventual que se llegue a la firma de un acuerdo de paz con la guerrilla de las
FARC".
Sobre
la "firme voluntad" del Papa de visitar el país andino habló el
jueves a la mañana el Nuncio en Colombia, monseñor Ettore Balestrero. El sitio
web de la Conferencia Episcopal publica una cautelosa nota que remite a la
carta del Secretario de Estado, donde se "da a entender" que el viaje
será pronto. La fundada esperanza adquiere mayor certeza con las palabras del
obispo auxiliar de Barranquilla, Víctor Tamayo, quien en la entrevista a una
emisora colombiana dijo que se sentía "honrado de confirmar que el Papa
(...) ha anunciado su voluntad de visitar el país". El prelado agregó que
el anuncio formal de la visita "se dará pronto, durante uno de sus viajes en
América Latina". Aunque después reconoce que "no hay fechas"
seguras y personalmente considera que "no creo que pueda ser este año
(2015)". Para más adelante lo ubica también el presidente de la
Conferencia Episcopal de Colombia, el arzobispo de Tunja Luis Augusto Castro.
"Sería muy bonito que fuera este año, pero ya tiene una visita a América
Latina en 2015, por lo que lo más seguro es que sea a comienzos del año
entrante".
La
invitación al Papa argentino para que visitara Colombia fue hecha por los
obispos colombianos pocos días después de que fuera elegido en marzo de 2013, a
través del cardenal Rubén Salazar, y posteriormente la confirmó el presidente
Juan Manuel Santos en una carta formal. El viaje tiene dos antecedentes
ilustres: Pablo VI el 22 de agosto de 1968 y Juan Pablo II el 1 de julio de
1986. Juan Bautista Montini fue el primer Papa que visitó América Latina y
permaneció en Colombia tres días, celebró el casamiento de 24 parejas, visitó
familias pobres en el sur de Bogotá, se reunió con campesinos y presidió una de
las primeras misas multitudinarias en el parque Simón Bolívar. Juan Pablo II,
durante la presidencia de Carlos Lleras Restrepo, tocó 10 ciudades y permaneció
en el país una semana.
Gunman In Kenyan Massacre Was Government Official's Son
AP - 04/05/2015 GARISSA, Kenya (AP)
One of the gunmen
who slaughtered 148 people at a college in Kenya was identified Sunday as the
law-school-educated son of a Kenyan government official, underscoring the
inroads Islamic extremists have made in recruiting young people to carry out
attacks against their own country.
Abdirahim
Mohammed Abdullahi, who was killed by security forces Thursday along with the
three other militants who stormed Garissa University College, was the son of a
government chief in Mandera County, which borders Somalia, Interior Ministry
spokesman Mwenda Njoka told The Associated Press.
The chief had
reported his son missing last year and feared he had gone to Somalia, Njoka
said.
Somalia's
al-Shabab militant group claimed responsibility for the bloodbath, saying it
was retribution for Kenya's sending of troops to Somalia to fight the
extremists. The attackers separated Christian students from Muslim ones and
massacred the Christians.
The news that one
of the gunmen was Kenyan highlights the challenges faced by the government in
preventing terrorist attacks. The danger comes not only from neighboring
Somalia but also from within Kenya.
Kenyans make up
the largest number of foreign fighters in al-Shabab, according to experts. Hundreds
of Kenyan youths have trained with al-Shabab and then returned to Kenya, posing
a major security threat, according to former police chief Mathew Iteere.
Kenya's
government has said another source of instability is the country's refugee
camps, with more than 423,000 Somali refugees.
Abdullahi
graduated from the University of Nairobi with a law degree in 2013 and was seen
as a "brilliant upcoming lawyer," according to Njoka.
Njoka said it is
important for parents to inform authorities if their children disappear or seem
to be embracing extremism.
Meanwhile,
questions have been raised about the security response to the Garissa attack.
Police waited
seven hours before sending a special tactical unit into the college to fight
the gunmen, Kenya's Daily Nation newspaper reported Sunday.
When the
specially trained police finally went in, it took them only 30 minutes to kill
the four attackers and stop the siege, the paper said.
Army barracks are
just 500 meters (540 yards) from the college, and military officers said they
could handle the attack, said a police officer who spoke on condition of
anonymity because he was not authorized to talk to the media. Only after three
soldiers were killed did the army call in the police tactical unit, he said.
Before the
massacre, northeastern Kenya had seen other deadly attacks by al-Shabab against
Christians.
Several hundred
grieving Christians marked Easter Sunday at a Catholic church in Garissa, where
Bishop Joseph Alessandro drew a parallel between the ordeal of Jesus Christ and
that of the stricken town.
"We join the
sufferings of the relatives and the victims with the sufferings of Jesus,"
he told the congregation at Our Lady of Consolation Church. "The victims
will rise again with Christ."
As for
al-Shabab's followers, Alessandro said, "You don't know who they are. They
could be your neighbors."
Security forces
patrolled the perimeter of the church, the site of a grenade attack by
militants three years ago that wounded worshipers.
"We just
keep on praying that God can help us, to comfort us in this difficult
time," said Dominick Odhiambo, a worshipper who said he planned to abandon
his job as a plumber in Garissa and leave for his hometown because he was afraid.
Cristo è risorto!
Cristo è risorto!
Ripetiamolo con le parole, ma soprattutto con la testimonianza della nostra
vita. La lieta notizia della Risurrezione dovrebbe trasparire sul nostro volto,
nei nostri sentimenti e atteggiamenti, nel modo in cui trattiamo gli altri.
Noi annunciamo la
risurrezione di Cristo quando la sua luce rischiara i momenti bui della nostra
esistenza e possiamo condividerla con gli altri; quando sappiamo sorridere con
chi sorride e piangere con chi piange; quando camminiamo accanto a chi è triste
e rischia di perdere la speranza; quando raccontiamo la nostra esperienza di
fede a chi è alla ricerca di senso e di felicità. Con il nostro atteggiamento,
con la nostra testimonianza, con la nostra vita, diciamo: Gesù è risorto! Lo
diciamo con tutta l’anima.Siamo nei giorni dell’Ottava di Pasqua, durante i quali ci accompagna il clima gioioso della Risurrezione. È curioso: la Liturgia considera l’intera Ottava come un unico giorno, per aiutarci ad entrare nel mistero, perché la sua grazia si imprima nel nostro cuore e nella nostra vita. La Pasqua è l’evento che ha portato la novità radicale per ogni essere umano, per la storia e per il mondo: è trionfo della vita sulla morte; è festa di risveglio e di rigenerazione. Lasciamo che la nostra esistenza sia conquistata e trasformata dalla Risurrezione!
Domandiamo alla
Vergine Madre, silenziosa testimone della morte e risurrezione del suo Figlio,
di accrescere in noi la gioia pasquale. Lo faremo ora con la recita del Regina
Caeli, che nel tempo pasquale sostituisce la preghiera dell’Angelus. In questa
preghiera, scandita dall’alleluia, ci rivolgiamo a Maria invitandola a
rallegrarsi, perché Colui che ha portato in grembo è risorto come aveva
promesso, e ci affidiamo alla sua intercessione. In realtà, la nostra gioia è
un riflesso della gioia di Maria, perché è Lei che ha custodito e custodisce
con fede gli eventi di Gesù. Recitiamo dunque questa preghiera con la
commozione dei figli che sono felici perché la loro Madre è felice. (Papa
Francesco, Regina Coeli, 6 aprile 2015)
7 aprile: San Giovanni Battista de la Salle
Nasce a Reims il
30 aprile 1651 da genitori nobili, ma non ricchi, e con dieci figli. Si laurea
in lettere e filosofia; è sacerdote nel 1678, e a Reims assume vari incarichi,
collaborando anche all'attività delle scuole fondate da Adriano Nyel, un laico votato
all'istruzione popolare. Scuole gestite però da maestri ignoranti e senza
stimoli. E proprio dai maestri parte la sua opera. Riunisce quelli di Nyel in
una casa comune, vive con loro, studia e li fa studiare, osserva metodi e
organizzazione di altre scuole. Insgna un metodo e abolisce le lezioni in
latino, introducendo in ogni disciplina la lingua francese. Nel 1680 nasce la
comunità dei «Fratelli delle Scuole Cristiane». In genere non sono preti,
vestono una tonaca nera con pettorina bianca, con un mantello contadino e gli
zoccoli, e sotto la guida del La Salle aprono altre scuole. Nel 1687 hanno già
un loro noviziato. Nel 1688 sono chiamati a insegnare a Parigi dove in un solo
anno i loro allievi superano il migliaio. A causa di critiche e ostacoli esterni
da Parigi dovrà portare la sua comunità nel paesino di Saint-Yon, presso Rouen,
dove morirà il 7 aprile 1719. (Avvenire)
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