La storia di Marco (di Giovanni, suo nome
ebraico, detto Marco, nome latino; cf. Act. 12, 12) è interessantissima;
s’intreccia forse con quella di Gesù, nell’episodio del ragazzo che, nella
notte della cattura di Lui nell’orto degli ulivi, lo seguiva, dopo la fuga dei
discepoli, coperto da un lenzuolo - per curiosità? per devozione? - ma quando
coloro che avevano arrestato Gesù, fecero per afferrarlo, il ragazzo lasciò
loro nelle mani il lenzuolo, e sgusciò via da loro (Marc. 14, 52). Ma
soprattutto la storia di Marco si fonde con quella degli Apostoli: Paolo e
Barnaba, specialmente, che egli segue a Cipro nella prima spedizione apostolica
(era cugino di Barnaba), e che poi, forse stanco, forse impaurito, giunto a
Perge, nella Pamfilia, egli abbandona per ritornarsene solo da sua madre, a
Gerusalemme (Act. 13, 13). Paolo ne fu addolorato; tanto che non lo volle
compagno, tre o quattro anni dopo, nel secondo viaggio, nonostante che Barnaba
intercedesse; così che Barnaba e Marco lasciarono Paolo con Sila per navigare a
Cipro (Act. 15, 37-40). Ma poi Paolo deve aver perdonato a Marco la sua prima
infedeltà nella fatica apostolica, perché tre volte lo nomina amorevolmente
nelle sue lettere (Philem. 24; Col. 4, 10; 2 Tim. 4, 11).
Secondo un’antichissima testimonianza del
secondo secolo, quella di Papia, riportata da Eusebio nella sua Storia della
Chiesa (III, 39, 15), Marco «era stato l’interprete di Pietro».
E dei rapporti fra l’apostolo Pietro e
Marco, poco sappiamo; ma ci basta qui far nostra la conclusione della
tradizione e degli studi moderni: il Vangelo di San Marco è una riproduzione
scritta della catechesi narrativa dell’apostolo Pietro a Roma; esso riflette,
senza intenti letterari, ma con grande semplicità e vivezza di particolari, i
racconti di S. Pietro circa le memorie di lui; la sua documentazione è
principalmente, se non la sola, la parola stessa dell’Apostolo, riportata come
la relazione genuina d’un testimonio oculare, che conserva di Gesù la più
immediata impressione.
Perciò San Marco ci ha lasciato in brevi
pagine disadorne e non sempre ordinate, ma estremamente sincere e vive,
l’immagine di Cristo, come San Pietro la ricordava e la portava scolpita nella
semplicità fedele, umile ed entusiasta del suo cuore, realisticamente. Ecco
perché ci è caro San Marco: egli ci riporta il profilo di Cristo, nello sfondo
del disegno sinottico primitivo (cf. Vannutelli), visto da San Pietro. E San
Pietro, offrendoci la visione sensibile e scenica di Cristo, c’introduce alla
conoscenza di Cristo quale veramente è; una conoscenza che solo la fede in
qualche modo può afferrare e penetrare.
Poco altro sappiamo di San Marco; da Roma
egli si recò in Egitto e fu il fondatore riconosciuto della Chiesa di
Alessandria; le sue reliquie, Venezia gloriosa e devota le custodisce; ma il
suo Vangelo di qua soprattutto rifulge, dove Pietro e Paolo, suoi maestri,
fecero di Marco l’Evangelista contrassegnato dal simbolo del leone. (Papa Paolo VI)