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terça-feira, 8 de outubro de 2019

Imagem de Nossa Senhora dos inocentes


Por ocasião da Bienal de Arte Sacra Contemporânea, que decorrerá em Menton na França do dia 1 ao 31 de Outubro de 2019, uma imagem de bronze de Nossa Senhora dos Inocentes, da artista Daphné du Barry foi colocada diante do Grande Hotel dos Embaixadores.

Nela vê-se a Virgem Maria que se debruça sobre sete bebés mortos ou crianças que não nasceram, colocados aos seus pés, algumas ainda com o cordão umbilical, recordando o assassinato dos inocentes, vítimas do abortos.


A artista explica que “uma criança é um dom de Deus. Nossa Senhora chora porque aparentemente estas crianças não chegaram a ver o dia. Quis, simplesmente, dar testemunha da beleza que representa a vida”.

segunda-feira, 7 de outubro de 2019

I quaranta martiri di Sebaste


Quale sazietà può mai generare la celebrazione annuale della memoria dei martiri in chi sia devoto di essi, dal momento che l'onore verso i buoni « con-servi » è dimostrazione di amore al comune Signore?
Ci si aspetta infatti che colui che manifestamente approva gli uomini valorosi non mancherà di imitarli in circostanze similari.
Anche tu proclama con convinzione beato colui che ha affrontato il martirio, affinché tu pure divenga martire della volontà e ti renda degno delle medesime ricompense pur senza ( essere sottoposto alla ) persecuzione, al fuoco, ai flagelli.
Non uno solo è proposto alla nostra ammirazione devota, neppure due e nemmeno fino a dieci soltanto giunge il numero di coloro che proclamiamo beati, ma addirittura quaranta uomini sono coloro che dimostrarono di avere quasi un'anima sola in corpi diversi, di respirare all'unisono e in perfetta concordia di fede, unica anche la forza di sopportazione nei tormenti e la costanza a difesa della verità.
Reciprocamente si somigliavano tutti: uguali nell'intendimento, uguali nella lotta; per questo furono ritenuti degni anche di uguali corone di gloria.
Or dunque quale discorso potrebbe mai giungere a lodarli degnamente?
Neppure quaranta lingue basterebbero a decantarne il valore.
Tuttavia se anche uno solo fosse l'oggetto della nostra ammirata celebrazione, sarebbe sufficiente a soverchiare la forza delle nostre parole; figuriamoci una tale moltitudine, una falange di soldati, una guarnigione inespugnabile, invincibile in battaglia così come inarrivabile nella lode!
Narrazione storica
Orsù dunque, riportiamoli con la memoria in mezzo a noi e ai presenti proponiamo di ricavarne comune utilità ponendo sotto gli occhi di tutti, come in un quadro, le gesta di questi eroi.
Infatti oratori e pittori sono soliti rappresentare eroiche gesta di guerra, gli uni con parola ornata, gli altri con pitture su quadri, ed entrambi con ciò indussero molti al coraggio.
Quel che la narrazione storica presenta attraverso l'udito, la pittura esibisce tacitamente attraverso l'imitazione.
Così pure anche noi ricorderemo ai presenti il valore di tali uomini e, quasi ponendo sotto gli occhi le loro gesta, stimoleremo alla loro imitazione i più generosi e più affini per volontà.
Esortare alla virtù i fedeli convenuti è l'encomio ( più bello ) per i martiri.
I discorsi sui santi non tollerano però di essere asserviti alle leggi ( profane ) degli encomi.
Infatti quanti fanno bei discorsi traggono origine e motivo di lodi da cause mondane; ma per coloro per i quali il mondo è crocifisso come vi si potrebbe trovare motivo alcuno di esaltazione?
Non unica era la patria di questi santi, ma chi veniva dall'una e chi dall'altra.
E che? li diremmo apolidi o piuttosto cittadini dell'ecumene?
Come infatti nelle collette delle associazioni, quel che è stato contribuito dai singoli diventa comune contribuzione di tutti i partecipanti, così anche per questi beati la patria di ciascuno è comune a tutti gli altri e, da qualunque luogo siano essi venuti, tutti partecipano della stessa patria.
Anzi, che bisogno c'è di ricercare quale patria abbiano avuto sulla terra, quando invece è necessario comprendere qual è la loro città attuale?
Città dei martiri è la città di Dio, il cui architetto e costruttore è Dio, la celeste Gerusalemme che è libera ed è madre di Paolo ( Gal 4,26 ) e di quanti gli somigliano.
Diversi l'uno dall'altro per parentela fisica, unica per tutti era la parentela spirituale.
Infatti loro padre comune era Dio e tutti divennero tra loro fratelli, non per generazione terrena da un padre e da una madre, ma per l'adozione dello Spirito, tra loro congiunti nella concordia che deriva dall'amore.
Divennero così coro già pronto ad accrescere il gran numero di coloro che in eterno lodano il Signore, confluiti non ad uno ad uno, bensì tutt'insieme.
In qual maniera avvenne una tale confluenza?
Eccellendo fra tutti i coetanei per prestanza fisica, vigore giovanile e forza, costoro furono iscritti nei ruoli dell'esercito; presto per esperienza bellica e coraggio meritarono le più alte onorificenze dagli imperatori, divenendo famosi dappertutto per il loro valore.
Dopo che fu promulgato l'empio e scellerato editto che proibiva di confessare Cristo sotto pena di tormenti, fu minacciata ogni forma di supplizio e contro i cultori di Dio si mosse tutta l'ira e la ferocia dei giudici d'ingiustizia.
Insidie e tranelli si tendevano d'ogni parte, s'apprestavano tormenti d'ogni genere, nessuna pietà negli aguzzini: pronto il fuoco, affilata la spada, piantata la croce, e ancora fosse, ruote e flagelli.
Chi fuggiva, chi soccombeva, chi esitava: alcuni già prima della prova rimasero atterriti dalle sole minacce; altri, invece, in presenza dei supplizi, ne furono sconvolti, altri ancora, cominciata la lotta e non riuscendo a sopportare fino alla fine il supplizio, nel mezzo della battaglia vennero meno e, non diversamente da chi è travolto in alto mare dalla tempesta, nel naufragio persero anche quanto già guadagnato per mezzo della pazienza.
Fu allora che questi invitti e prodi soldati di Cristo, fattisi innanzi, al governatore che mostrava loro l'editto dell'imperatore esigendo obbedienza, con voce spiegata, coraggiosi e impavidi, per nulla atterriti alla vista dei supplizi e insensibili alle minacce, dichiararono di « essere cristiani ».
O lingue beate che proferirono quelle sacre parole!
Le accolse l'aria e ne fu santificata, le ascoltarono gli angeli e plaudirono, il diavolo ne fu ferito a morte assieme ai démoni, mentre il Signore le iscrisse nei cieli.
4 - Ciascuno di loro si fece innanzi e ad uno ad uno dichiararono: « Io sono cristiano ».
E come negli stadi quanti entrano in gara, dopo aver pronunciato l'uno dopo l'altro il proprio nome, passano al posto di combattimento, così anche costoro, ripudiati i nomi assegnati sin dalla nascita, presero ciascuno quello del comune Salvatore.
E così fecero tutti, l'uno dopo l'altro; sicché unico per tutti fu il nome: non il tale o il tal altro, ma tutti quanti si proclamarono « cristiani ».
Egli era abile e astuto: ora circuiva con lusinghe, ora aggrediva con minacce.
Dapprima li lusingava nel tentativo di snervare ostinazione e fermezza della loro fede: « Non vogliate tradire la vostra giovinezza - diceva - e scambiare questa dolce vita con una morte prematura.
Sarebbe infatti assurdo che voi, abituati a primeggiare per valore in battaglia, moriate della morte dei malfattori ».
Inoltre prometteva ricchezze; prometteva anche onori ed elargizioni di dignità a nome dell'imperatore; s'ingegnava infine in mille modi ad espugnarne l'animo.
Poiché quelli non cedevano minimamente dinanzi a tale prova, egli si volse a un'altra specie di armi, passando a minacciare ferite e morte e intollerabili supplizi.
Così ( si comportava ) il governatore.
« Perché o nemico di Dio - dicono - cerchi di allettarci con promesse di beni affinché, ribellandoci al Dio vivo, diveniamo schiavi di démoni esiziali?
Cosa dài che valga ciò che ti premuri di togliere?
Noi abbiamo in odio i doni che procurano danno; non accettiamo onori che generano disonore.
Tu dài ricchezze che rimangono ( su questa terra ) e una gloria che appassisce.
Vuoi renderci familiari dell'imperatore, ma ci estranei dal vero Re.
Perché ci proponi così poco dei beni di questo mondo?
( Sappi che non solo una parte ma ) tutto ciò che è del mondo è da noi tenuto in disprezzo.
Tutto quel che è sottoposto ai nostri occhi non è pari alla speranza che ardentemente ci spinge ».
« Vedi questo cielo come è bello e quanto è grande?
E la terra quant'è, e quante meraviglie contiene?
Nulla di tutto ciò uguaglia la felicità beata dei giusti: le cose terrene passano, quelle cui noi aspiriamo rimangono.
Un solo dono c'infiamma di desiderio: la corona di giustizia; una sola gloria aspettiamo con animo anelante: quella che è nel Regno dei cieli.
Di onori celesti noi siamo bramosi e temiamo quel solo supplizio che è nella geenna: il fuoco che è là ci spaventa, quello da voi minacciato è nostro « con-servo ».
Esso sa aver riguardo per chi disprezza gli idoli ».
« Colpi da fanciulli stimiamo i vostri tormenti.
Infatti tu colpisci il corpo, che sarà coronato di più fulgido serto se più a lungo saprà resistere al supplizio; se, invece, troppo presto verrà meno, se ne andrà libero da voi, giudici così violenti che, avendo ricevuto il compito di governare i corpi, pretendete anche il dominio sulle anime: poiché non anteporvi al nostro Dio è ritenuta da voi la più grave delle offese che noi potessimo arrecarvi, vi sdegnate e minacciate questi terribili supplizi, imputandoci la fede a delitto.
Però troverete in noi gente non timorosa né attaccata alla vita o che facilmente si abbatta, poiché per amore di Dio siamo pronti ad essere stesi sulla ruota, tormentati con l'aculeo, arsi col fuoco e affrontare ogni specie di tormenti ».
Il Martirio
Udito ciò, quell'uomo orgoglioso e barbaro, non tollerando una tale libertà di parola e ardendo d'ira, cercava come potesse escogitare per loro una morte lunga e straziante.
Infine gli venne in mente quest'idea; quanto feroce, vi prego, osservate attentamente.
Considerato il clima già freddo della regione, attraversata in quel tempo dalla stagione invernale, egli attese quella notte in cui più pungente fosse il freddo per il soffiare della tramontana, e ordinò che tutti ( i 40 soldati ), nudi, a cielo scoperto, in mezzo alla città, morissero per congelamento.
Voi tutti sapete, per avere esperienza dei rigori d'inverno, quanto intollerabile sia questo genere di tormento.
Perché non è possibile farlo capire se non a chi per sua propria esperienza abbia già provato i sintomi che sto per dire.
Il corpo, esposto al gelo, dapprima diventa totalmente livido per il coagularsi del sangue, poi è sconvolto da fremiti e brividi; i denti battono, muscoli e nervi si contraggono per lo spasimo, tutto l'organismo necessariamente si rattrappisce.
Inoltre un dolore acuto e un tormento indicibile, penetrando fin nel midollo delle ossa, cagionano i più terribili spasimi a coloro che subiscono il gelo.
Poi le estremità del corpo risultano tagliate e private di ogni sensibilità come fossero arse dal fuoco.
Il calore, respinto dalle parti periferiche, si rifugia nell'interno: donde si ritira lascia la morte, procura dolorosi strazi dove si raccoglie, man mano che avanza la morte per congelamento.
Furono condannati a trascorrere la notte a cielo scoperto allorquando lo stagno, intorno al quale era stata costruita la città in cui questi santi martiri dovevano affrontare tale prova, appariva trasformato dal ghiaccio in una piana transitabile con cavalli e, fattosi solido e duro, offriva sulla sua superficie sicuro transito agli abitanti.
I fiumi scorrenti giù dai monti, bloccati dal ghiaccio, si erano fermati: la natura molle dell'acqua si era cambiata nella durezza della pietra e violenti venti di tramontana opprimevano fino alla morte ogni essere animato.
Allora udito il comando - considera, ti prego, l'invitto coraggio dei nostri uomini! -, con gioia si spogliarono tutti finanche della tunica e s'avanzarono incontro alla morte per gelo, incoraggiandosi reciprocamente come per far preda di spoglie nemiche.
« Non del vestito - dicono - noi ci spogliamo, ma del vecchio uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici.
Ti ringraziamo, o Signore, perché con questo vestito noi deponiamo il peccato.
Poiché ci vestimmo a causa del serpente, per Cristo ora noi ci spogliamo.
Lasciamo perdere i vestiti per ( riacquistare ) il paradiso che una volta perdemmo.
Cosa renderemo al Signore in contraccambio?
Anche il Signore nostro fu spogliato.
Quale gran cosa per il servo soffrire i patimenti del padrone?
Per di più proprio noi abbiamo spogliato il Signore.
Infatti quella fu scellerata impresa di soldati, che lo spogliarono e ne divisero le vesti.
Pertanto cancelliamo questa imputazione registrata a nostro carico per causa loro ».
« Duro è l'inverno, ma dolce è il paradiso; doloroso è il gelo, ma dolce è il riposo ( eterno ).
Ancora un poco e il seno del patriarca ( Abramo ) ci riscalderà.
Una sola notte vale bene l'intera eternità.
Bruci ( per il gelo ) il piede perché possa in perpetuo danzare con il coro degli angeli; si stacchi pure ( per insensibilità ) la mano perché possa levarsi ( in preghiera ) a Dio in libertà.
Quanti nostri commilitoni caddero sul campo per mantenere fede a un imperatore mortale, e noi non getteremo via questa vita per la fede nel vero Re?
Quanti delinquenti, sorpresi in flagrante, sopportarono la morte?
Non la sopporteremo noi per la giustizia?
Non cediamo, o commilitoni, non offriamo le spalle al diavolo.
Nessun risparmio per le nostre carni: dal momento che in ogni caso bisogna morire, moriamo almeno per vivere.
Il nostro sacrificio avvenga al tuo cospetto, o Signore, e saremo accolti come sacrificio vivente a te gradito mentre in questo freddo siamo offerti in olocausto: bella l'offerta, nuovo l'olocausto, non dal fuoco ma dal gelo consumato ».
Questi conforti si davano l'un l'altro, esortandosi a vicenda: trascorrevano così la notte come se adempissero ad un servizio di guardia in guerra, eroicamente sopportando le sofferenze presenti e lieti per i beni sperati, infine irridendo l'avversario.
Una preghiera era sulle labbra di tutti: « Quaranta siamo entrati nello stadio, quaranta ne dobbiamo uscire coronati, o Signore.
Neppure uno manchi a quel numero venerando che tu hai onorato con un digiuno di quaranta giorni, attraverso il quale la Legge entrò nel mondo ed Elia nel digiuno di quaranta giorni cercò il Signore e fu fatto degno di vederlo »
Nondimeno uno del numero, soccombendo alla violenza del supplizio, disertò, arrecando ai santi un indicibile dolore.
Però il Signore non permise che le loro suppliche restassero inefficaci.
Infatti colui al quale era stata affidata la guardia dei martiri, mentre si riscaldava nei pressi di un ginnasio, ne osservava la fine, pronto ad accogliere i soldati che avessero voluto sfuggire alla morte.
Era stato provveduto che lì vicino vi fosse un bagno, nel quale offrire pronto soccorso a coloro che avessero mutato proposito.
Un tale luogo di prova fu malvagiamente escogitato e apparecchiato dagli avversari affinché il pronto sollievo offerto valesse a piegare la fermezza dei combattenti: ciò mostrò più insigne la sopportazione dei martiri.
Costante infatti non è colui che manca del necessario, ma chi nell'abbondanza dei beni affronta saldamente le avversità.
7 - Mentre dunque essi combattevano la suprema prova, la guardia ne osservava l'esito.
Or ecco che egli vide uno spettacolo nuovo: milizie che scendevano dal cielo come per distribuire a nome del re splendidi doni ai soldati.
A tutti distribuivano i loro doni fuorché ad uno solo, giudicato indegno degli onori celesti, quello, cioè, che soccombendo al dolore, disertò verso il campo avversario.
Miserando spettacolo per i giusti: un soldato divenuto disertore, uno dei primi e dei più forti fatto prigioniero, una pecorella di Cristo ghermita dal lupo!
E tanto più miserando perché egli fallì il traguardo della vita eterna senza neppure godere di quella presente perché il contatto repentino con il calore ( dell'acqua ) subito dissolse le sue carni.
E mentre per amore della vita, inutilmente resosi colpevole, quello cadde, a sua volta il carnefice, appena lo vide staccarsi dal gruppo e correre verso il bagno, prese egli stesso il posto del disertore e, gettate le vesti, si mescolò agli altri denudati gridando al pari dei santi: « Sono cristiano! ».
Stupendo gli astanti per l'improvvisa conversione, egli finalmente ricompose il numero ( di quaranta ) e con la sua aggregazione lenì il dolore per l'altrui cedimento, in ciò imitando coloro che in battaglia si slanciano a ricoprire il posto lasciato vuoto sulla linea di combattimento dal soldato caduto in prima fila affinché lo schieramento non si rompa.
Altrettanto fece costui.
Vide i prodigi celesti, conobbe la verità, si rifugiò nel Signore, fu annoverato fra i martiri.
Rinnovò le gesta dei discepoli: andò via Giuda, subentrò Mattia.
Divenne imitatore di Paolo: ieri persecutore, oggi evangelizzatore.
Anche lui ricevette dall'alto la chiamata, non dagli uomini, né per mezzo degli uomini.
Credette nel nome di nostro Signore Gesù Cristo, in lui fu battezzato, non da un altro, ma dalla propria fede, non nell'acqua, ma nel proprio sangue.
Così alla prima luce del giorno, mentre ancora respiravano, ( i corpi dei martiri ) furono dati alle fiamme e i resti carbonizzati furono gettati nel fiume, sicché la lotta sostenuta dai beati passasse attraverso tutti gli elementi.
Combatterono sulla terra, a cielo scoperto resistettero alla prova, furono consegnati al fuoco, li accolse infine l'acqua.
A loro appartiene quanto dice la Scrittura: Passammo attraverso il fuoco e l'acqua ma poi ci hai portati al refrigerio.
Essi serbano sotto il loro patrocinio la nostra regione come torri poste l'una accanto all'altra ad offrirci sicura difesa dall'assalto degli avversari, perché non si rinchiusero in un solo luogo, bensì ospitati in molti siti adornarono molte città.
Ed è straordinario che non separati vengono a chi li riceva, ma uniti fra loro insieme tripudiano.
Oh, prodigio! Non diminuiscono di numero, neppure aumentano.
Se tu li dividi in cento parti, non oltrepassano il loro numero; se in uno li raccogli, anche così rimangono in quaranta; similmente alla natura del fuoco.
Anche il fuoco, infatti, passa a chi ne attinge eppure resta tutto intero presso chi lo aveva dapprima; così pure i quaranta stanno tutti insieme e nessuno manca presso il singolo ( fedele che li invochi ): ( è questo ) un beneficio tutt'altro che lesinato, un dono che mai si esaurisce, pronto ausilio per i cristiani è tale accolta di martiri, schiera di trionfatori, coro di lode a Dio.
Quanto t'affaticasti ( o fedele ) per trovare uno che supplicasse per te il Signore?
( Ecco che ) ben quaranta sono coloro che innalzano ( per te ) una preghiera concorde: Dove sono due o tre radunati nel nome del Signore, egli è lì in mezzo a loro.
Dove sono in quaranta, chi potrebbe dubitare della presenza di Dio?
Chi è nell'afflizione ricorre ai quaranta, anche chi è nella letizia a loro accorre: il primo per trovare liberazione dai mali, il secondo perché gli sia conservata la prosperità.
Qui trovi la donna pia pregare per i figli e chiedere il ritorno per il marito lontano, o la salute, se malato.
Unite le vostre preghiere con quelle dei martiri.
I giovani imitino tali coetanei; i padri implorino di essere padri di tali figli, le madri apprendano il comportamento di un'ottima madre.
Infatti la madre di uno di quei beati, avendo visto tutti gli altri già morti per il freddo, mentre il figlio suo respirava ancora ( forse ) perché più robusto e resistente alla sofferenza, e ( temendo che ) i carnefici lasciassero in vita uno che avrebbe potuto ( in simili condizioni ) mutare proposito, sollevatolo con le sue stesse mani, lo depose sul carro, su cui tutti gli altri erano stati adagiati per essere condotti alla pira: vera madre di un martire!
Non una lacrima di paura ella versò, né proruppe in lamenti indegni e inopportuni, ma « vai - disse -, o figlio, per la buona strada assieme ai coetanei, assieme ai compagni: non separarti dal coro né comparire secondo rispetto agli altri dinanzi al Signore! ».
Germoglio buono di radice davvero buona!
Mostrò quella madre generosa di aver allevato il figliuolo molto più con gli insegnamenti della pietà che con il latte.
Come era stato nutrito, così fu avviato dalla pia madre ( all'estremo supplizio ), mentre il diavolo si allontanava umiliato.
Infatti pur avendo egli mosso ogni elemento della natura contro i martiri, trovò che tutti erano stati superati e vinti dalla virtù e dal coraggio di tali uomini: la notte sferzata dal vento ( di tramontana ), il clima freddo del luogo, la stagione invernale, la nudità del corpo.
O coro santo, sacra schiera, serrata e compatta falange, protettori comuni del genere umano, buoni sodali delle nostre quotidiane cure, compagni delle nostre preghiere, intercessori potentissimi, astri dell'ecumene, fiori delle Chiese!
La terra non vi ricoprì, vi accolse il cielo: per voi si aprirono le porte del paradiso.
Spettacolo degno delle milizie angeliche, degno dei patriarchi, dei profeti e dei giusti questi uomini che nel fiore medesimo della giovinezza disprezzarono la vita per poter amare il Signore al di sopra dei genitori e dei figli.
Pur essendo in età la più dolce da vivere, disdegnarono questo temporaneo soggiorno per lodare Dio nelle proprie membra; divenuti spettacolo dinanzi al mondo, agli angeli e agli uomini, risollevarono i caduti, confermarono i dubbiosi, raddoppiarono l'ardore nei seguaci della fede.
Finalmente avendo innalzato tutti un unico trofeo alla pietà, di un'unica corona di giustizia sono stati anche adornati in Cristo Gesù nostro Signore, a cui sia gloria e potenza nei secoli dei secoli. Amen. (San Basilio Magno di Cesarea, I quaranti Martiri di Sebaste)

domingo, 6 de outubro de 2019

A inveja: já pensou nisto?


“A galinha do vizinho é sempre mais gorda do que a minha!”. Este adágio popular exprime a inveja que vai nos corações, quando comparamos a nossa vida com a dos outros.

Hoje em dia, com as redes sociais, facebook, instagram, snapchat, etc., muitas pessoas tendem a ostentar e apresentar o melhor da vida, como se nela só houvesse momentos bons. Ora, ao expormos só um lado da nossa vida, criamos nos outros um enorme sentimento de invídia.

Por um lado, invejamos o que os outros têm e não nos demos conta de tudo aquilo que lhes falta. Por outro lado, consideramos em nós o que não temos e não recordamos e agradecemos a Deus por tudo aquilo o que temos.

Para sermos justos e imunes à inveja, devemos considerar os privilégios que temos, todos os bens espirituais e materiais recebidos, e pensarmos que a ninguém Deus deu a plenitude de dons, que só teremos no Céu.

Não tenho saúde? Procure ver as qualidades e bens que tem e pense nas milhares de pessoas que não têm sequer meios de ir a um médico! Não tem posses ? Veja como a sua saúde é robusta e como existem milhares de pessoas que vivem com muito menos meios e que não possuem o vigor que Deus lhe deu . Não recebe glória e reconhecimento dos amigos e da sociedade ? Mas veja como a sua família o(a) quer bem e o trata com carinho...

Como a vida de um invejoso seria diferente se ele pensasse em como Deus dispôs as coisas de maneira a que cada condição tenha, de um lado, as suas vantagens e benefícios e, de outro lado, as suas carências e inconvenientes. Se ele assim fizesse, agradeceria a Providência divina pela vida que tem, modesta ou mais abastada, e olhando para o Céu poderia sonhar com os dons inexprimíveis que Deus reserva aos seus fiéis adoradores. E esta perspectiva faria com que ele deixasse de ter inveja dos benefícios espirituais e materiais que os outros receberam. 
Já pensou nisto?

quarta-feira, 2 de outubro de 2019

A fonte milagrosa de Fátima

Como sabemos, nas aparições de Fátima, Nossa Senhora não pediu para os Pastorinhos cavarem o chão, nem para beberem a água de uma nascente, como em Lourdes.

Contudo, no Santuário de Fátima existe, sob a imagem do Sagrado Coração de Jesus, uma fonte de água, em frente à Capelinha das aparições, que a piedade popular afirma ser milagrosa.

Tudo começou no dia 13 de Novembro de 1921.

Segundo narra o Padre Valentim Armas C.M.F. no seu livro “Novos esplendores de Fátima”, logo após a primeira Missa campal celebrada na capelinha das Aparições, precisou-se de água em grande quantidade, para as construções projetadas.

"O Sr. Bispo de Leiria teve a boa inspiração de mandar explorar o solo e deu ordem para ali no fundo da Cova, precisamente no lugar que ocupavam os pastorinhos no momento da primeira aparição, fosse aberto um poço.

Não faltou entre os camponeses quem se risse da ideia do senhor Bispo e afirmasse que era dinheiro malbaratado. O senhor Bispo era de fora e não conhecia o terreno.

Em obediência à ordem do zeloso Prelado, os operários abriram uma valeta de pequenas dimensões e, com não pequena surpresa viram brotar a poucos passos da azinheira sagrada, água cristalina e abundante.

“Não sei como explicar o caso disse surpreendido um dos circunstantes.

“Nada, aqui, não podia rebentar veia nenhuma. Naturalmente foi milagre do céu... ou do Sr. Bispo”.

"Deu-se esse fato lá por volta das nove horas do dia 13 de Novembro de 1921.

"Pouco depois, como a água não fosse suficiente nas peregrinações, o Sr. Bispo mandou cavar mais dois poços a poucos metros do primeiro, e a água brotou como da primeira vez.

"Daí por diante não faltou jamais o precioso líquido, quer para as construções, quer para os peregrinos que a carregam em quantidade para as suas casas.

"A água de diversas fontes é recolhida num grande reservatório construído em cimento armado e que forma a base do monumento ao Sagrado Coração de Jesus".

A fonte milagrosa de Fátima

No jornal “VOZ DA FÁTIMA” encontram-se notas descritivas das fontes milagrosas:

“A fonte miraculosa forma um círculo de cerca de 2 metros de altura por 10 de diâmetro, apresentando a forma de um gasómetro bastante esvaziado e por isso um tanto decido, como é vulgar ver-se nas grandes cidades de Portugal. A forma circular da fonte facilita a satisfação dos extraordinários pedidos de água por ocasião das grandes peregrinações.

Em toda a volta da parede são colocadas 15 torneiras, tantas quantas os mistérios do Rosário.

Em cima da plataforma da fonte e junto das torneiras, está postado um certo número de jovens e encarregados de distribuir aos peregrinos, em dias de grande afluência, toda a água que necessitem.

Sobre a fonte encontra-se um aviso declarando que a concessão da água é gratuita e que é expressamente proibido dar ou receber gorjeta por esse motivo.

Dos dois lados da fonte existem fossos formados pelo aterro ou muralha da avenida central.

Também aqui se encontram torneiras, e, com toda probabilidade, é neste lugar que virão, de futuro a serem instaladas as piscinas para o banho dos doentes tal e qual se efetuou em Lourdes.

Nos dias de grande romaria, logo depois da primeira missa campal, uma multidão inumerável fervilha desde manhã cedo e estaciona no local da fonte miraculosa, na ansiedade irreprimível de fazer provisão da água benéfica e salutar.

Algumas torneiras porém só podem ser utilizadas por aqueles fiéis que se limitam a beber água no próprio local onde ela é fornecida.

A ligeira impaciência dos mais apressados é facilmente contida pelos servitas, que regulam, ao mesmo tempo com prudência e firmeza, o difícil acesso as torneiras.

O aprovisionamento da linfa maravilhosa dura horas cumpridas, intermináveis, desde as primeiras da manhã, até as últimas da tarde.

Os peregrinos enchem recipientes de todos os tamanhos e de todos os feitios que levam consigo para as suas terras distantes com a firme esperança de provocar, mediante a aplicação da água, a cura de alguma pessoa da família ou de amizade, ou, ao menos, proporcionar um pouco de lenitivo aos seus sofrimentos”.

Curas atribuídas à água de Fátima

Ainda no jornal “VOZ DA FÁTIMA” encontramos testemunhas de intervenções sobrenaturais operadas mediante a aplicação ou o uso da água de Fátima.

- “O meu estado era gravíssimo; recebidos os últimos sacramentos, só me restava a morte. Tomei, com a mais viva fé, água maravilhosa de Nossa Senhora de Fátima que uma piedosa senhora me forneceu. A primeira colher ingerida senti um grande alivio. Seguiu uma novena à Nossa Senhora de Fátima. Terminada esta, estava completamente boa. O meu reconhecimento para com Nossa Senhora será eterno". (Arminda dos Anjos).

- “Havia já 12 anos que sofria fortes dores no estômago e intestinos. Fiz, com a maior devoção que me foi possível, uma novena a Nossa Senhora de Fátima e bebi três dias sua milagrosa água, encontrando logo rápidas melhoras, sem nunca mais aparecer as cólicas. Agradeço de todo o meu coração à Nossa Senhora de Fátima, tão grande graça." (Fernanda Franco).

- “Sofria horrivelmente... Consultei alguns especialistas... Tudo inútil... até que me lembrei de fazer uma novena à Nossa Senhora de Fátima, aplicando algumas gotas da sua milagrosa água todos os dias da novena, finda a qual, me encontrei radicalmente curada... Graças infinitas sejam dadas à SS. Mãe de Deus". (Evandra C. Ferreira).

- “Adelino Pinto, jovem de 22 anos, enlouquecera... Uma piedosa pessoa aconselha a pobre mãe a que fizesse uma novena, dando-lhe uma medalha para colocar no pescoço do filho, uma poucochinha de água de Fátima e uma estampazinha de Nossa Senhora de Fátima que ele, no meio da sua loucura, beijava. Passado um mês, recuperou a razão e até hoje está em perfeito estado”.

- “Angelina Cabral Rosa agradece à Nossa Senhora de Fátima a cicatrização de cinco feridas... resultado obtido depois de aplicar às feridas água de Fátima”.

Oração

Ó amada Rainha e excelsa Senhora do Rosário de Fátima!

Esta fonte milagrosa que vós fizestes brotar um dia ao pé da azinheira sagrada é símbolo expressivo do vosso Coração Materno manifestado ali, em Fátima, como penhor seguro de paz e salvação para a humanidade.

Fonte de vida é o vosso Coração Imaculado, ó Senhora, porque dele nasceu para nós Aquele que é nosso caminho, verdade e vida, Jesus Cristo.

Fonte aberta sois Vós, ó bendita Virgem, da qual fluem os rios de vossas graças e liberalidades.

Fonte sempre aberta para os justos pelos eflúvios da vossa caridade; e para os pecadores arrependidos, pelas águas de vossa compaixão e misericórdia.

Vós sois aquela fonte de que nos fala o Génesis, 2, 6, pois assim como aquela era abismo de muitas águas, da qual nasciam outras fontes, assim Vós sois abismo de muitas graças para todos os que Vos invocam.

Sois ainda, ó Virgem benigna, a fonte selada apregoada no Cântico dos Cânticos, 4, 12, onde esteve por nove meses oculta a Humanidade santíssima do Filho de Deus.

Vós sois aquela fonte de Siloé cujas águas correm silenciosas e por intervalos, a maneira como correm vossos favores, consoante a vossa vontade.

Salve Maria, fonte de graça, de piedade e de misericórdia; manancial inexaurível de doçura e de clemência.

Fazei-nos ouvir aquelas doces palavras que um dia proferiu vosso Filho: Vinde a mim, todos os que tendes sede, Eu sou a fonte de águas vivas que jorram para a vida eterna.

Afastai-nos dessas águas lodosas do pecado, que se precipitam no abismo e guiai-nos para essas outras que desalteram e acalmam, que curam e ressuscitam.

E regai com as águas puras e cristalinas de vossa graça a terra seca e árida de nossos corações; lavai as manchas de nossa alma, a fim de sermos dignos de seguir nessa nossa peregrinação e depois possuirmos por toda a eternidade, o vosso amado Filho. Fonte viva e indefectível de todo bem.

Deixai que nós vos proclamemos com vosso amado servo São Metódio: "Fons Propiciationis filii erga genus humanum - Fonte de propiciação de Jesus Cristo para com o género humano, rogai por nós.

domingo, 29 de setembro de 2019

Os três alicerces da vida interior dos sacerdotes: A Cruz, a Eucaristia e a Virgem Maria

Com uma Missa celebrada no altar da Cátedra de São Pedro, o Cardeal Robert Sarah, presidente da Congregação para o Culto Divino, comemorou os seus cinquenta anos de sacerdócio e quarenta anos da sua ordenação episcopal.

Na homilia, o Cardeal Sarah acentuou o privilégio de ser sacerdote, que com a sua língua “faz de um pequeno pedaço de pão um Deus”, como afirmou o São João Maria Vianney, o Cura d’Ars.

Mas isto, acentua, só acontece quando os sacerdotes aceitam de ser crucificados com Cristo, porque “Cristo, Filho de Deus, só através da cruz e ao fim da sua extraordinária descida a um abismo de humilhação conferiu aos sacerdotes o poder divino de celebrar a Eucaristia e de arrancar os homens, seus irmãos terrestres, da escravidão do pecado e da morte, para os tornar participes da sua divindade”.

Com efeito, “a Eucaristia tem lugar só se a nossa vida for marcada pela cruz. O sacerdote vive a alegria, na sua plenitude, na Santa Missa, que é a razão de ser da sua existência”, porque “durante a Missa de todos os dias o sacerdote se encontra face a face com Jesus Cristo e neste preciso instante, é identificado, se identifica com Cristo”, tornando-se não apenas um “Alter Christus”, um outro Cristo, mas ele é verdadeiramente “Ipse Christus”, o próprio Cristo.

Portanto, sublinha o Cardeal Sarah, no altar ninguém preside, porque “apesar de indignamente, Jesus está verdadeiramente em mim e eu sou Cristo”. E esta é uma afirmação terrível, uma “temível responsabilidade” que faz tremer de pavor, mas que é verdadeira, porque é na pessoa de Cristo que consagro o pão e o vinho, depois de Lhe ter entregado o meu corpo, a minha voz, o meu pobre coração, profanado tantas vezes pelos meus múltiplos pecados e que Lhe peço de purificar”.

Mas, explica o Cardeal, a Virgem Maria prepara o sacerdote, como todos os cristãos, para a Eucaristia. Por isso, os sacerdotes devem construir a sua vida interior alicerçada sobre três pilares: a Cruz, a Eucaristia e a Virgem Maria.

“A Cruz, afirma o Cardeal, nos faz nascer para a vida divina. Sem a Eucaristia não podemos viver. E Nossa Senhora zela como uma Mãe pelo nosso desenvolvimento espiritual e educa-nos para crescermos na fé”.

domingo, 22 de setembro de 2019

O risco dos índios serem enganados por agitadores políticos, pseudo “missionários”

Há quarenta anos, o Brasil deu-se conta da existência de uma corrente de “missionários” contrária à catequização e à evangelização dos índios. Hoje, com o Sínodo da Amazónia, o tema volta à tona. Como contributo, publicamos o primeiro capítulo da obra “Tribalismo Indígena, ideal comuno-missionário para o Brasil” de autoria do Professor Plinio Corrêa de Oliveira.

Na doutrina missiológica da Igreja, velha de cerca de vinte séculos, o conceito de Missão católica, seus fins e seus métodos, está perfeitamente definido. 
Missão vem do vocábulo latino “missio”, de “mitto”, isto é, “eu envio”. O missionário é pois um enviado (Bispo, Sacerdote – e, por extensão, também um Religioso ou Religiosa ou um leigo).
O missionário é enviado pela Igreja, em nome de Jesus Cristo, a Quem representa junto a povos não católicos, com o fim de os trazer para a verdadeira Fé.

Fim supremo da Missão: a glória de Deus e a bem-aventurança eterna

Ensina a Igreja que a via normal para o homem se salvar consiste em ser batizado, crer e professar a doutrina e a lei de Jesus Cristo.
Trazer os homens para a Igreja é, pois, abrir-lhes as portas do Céu. É salvá-los. É este o fim da Missão.
Esta salvação tem por supremo fim a glória extrínseca de Deus. Salva-se a alma que tenha alcançado assemelhar-se a Ele pela observância da Lei nos embates desta vida. E que assim Lhe dará glória por toda a eternidade.
Toda semelhança é, em si, um fator de união. A alma dessa maneira unida a Deus alcança a plenitude da felicidade.

Efeitos da Missão na vida temporal

a ) A ordem
A glória de Deus e a perpétua felicidade dos homens são fins missionários da mais alta transcendência. Isto não impede que a Missão tenha efeitos terrenos, também dos mais elevados.
Com efeito, Deus criou o universo numa ordem sublime e imutável. E, sendo o homem o rei do universo, tal ordem é sobretudo admirável no que toca a ele.
Os preceitos da ordem natural exprimem-se nos dez Mandamentos da Lei de Deus (cfr. SANTO TOMÁS, Suma Teológica, Ia. IIae., q. 100, aa. 3 e 11), confirmados por Nosso Senhor Jesus Cristo (“não vim dissolver a lei, mas cumpri-la” – Mt. 5, 17), e por Ele aperfeiçoados (Mt. 5, 17 a 48; Jo. 13, 34).
Ora, a observância da ordem, em qualquer esfera do universo, é a condição não só para a conservação desta, como para seu progresso, o que é sobretudo verdadeiro para os seres vivos, e mais especialmente para o homem.
b ) A grandeza e o bem-estar dos povos
Daí decorre que a Lei de Deus é o fundamento da grandeza e do bem-estar de todos os povos (cfr. S. AGOSTINHO, Epist. 138 al. Ad Marcellinum, cap. II, n. 15).
Cristianizar e civilizar são, pois, termos correlatos. É impossível cristianizar seriamente sem civilizar. Como, reciprocamente, é impossível descristianizar sem desordenar, embrutecer e impelir de volta, rumo à barbárie.

A Missão e os índios

a ) O contato com Jesus Cristo
Ser missionário, no Brasil, é principalmente levar o Evangelho aos índios. É levar-lhes também os meios sobrenaturais para que, pela prática dos dez Mandamentos da Lei de Deus, alcancem o seu fim celeste. É persuadi-los de que se libertem das superstições e dos costumes bárbaros que os escravizam em sua milenar e infeliz estagnação. Em consequência, é civilizá-los.
Cabe insistir: enquanto é próprio ao homem cristianizado e civilizado progredir sempre no reto e livre exercício de suas atividades intelectuais e físicas, o índio é escravo de uma imobilidade estagnada, a qual de tempos imemoriais lhe tolhe todas as possibilidades de reto progresso.
Apresentando-se ao índio, está o missionário de Jesus Cristo no direito de lhe dizer: “cognoscetis veritatem, et veritas liberabit vos – conhecereis a verdade e a verdade vos libertará” (Jo. 8, 32).
b ) O contato com o neopaganismo moderno
Bem entendido, o contato com os missionários traz forçosamente, para o índio, o contato com a civilização. Não com uma civilização quimérica, descida das nuvens. Mas com a civilização ocidental como ela é concretamente. Na medida em que esta possui ainda fermentos autenticamente cristãos, a civilização será rica, para os indígenas, em benefícios espirituais e até materiais. E na medida em que nela trabalhem os germes de decadência e do neopaganismo, há o risco de que ela seja ocasião para que os índios se poluam na alma e no corpo.
c ) Problema desconcertante
Essa circunstância cria para as missões contemporâneas dificuldades desconcertantes. Como podem elas evitar que, levando Jesus Cristo aos índios, não Lhe siga o passo muito de perto o Anticristo, ou seja, o neopaganismo moderno?
O missionário não pode abster-se
a ) O poder de Nosso Senhor Jesus Cristo sobre as almas retas
O problema, por mais intrincado que seja, não pode servir de razão para que o missionário não vá aos índios. Não lhes levar Nosso Senhor Jesus Cristo sob a alegação de que o Anticristo moderno virá logo após Ele, é ignorar o poder e a bondade do Salvador. Em todas as almas retas, e entre os índios obviamente também as há, Nosso Senhor Jesus Cristo é infinitamente mais poderoso do que o Anticristo.
b ) o contato com a civilização ocidental
Ao tratar da presente temática, é preciso não confundir grosseiramente o neopaganismo moderno com a civilização ocidental. Esta última foi cristã durante mais de mil anos, e embora por desdita já não se possa dela dizer tal, ainda conserva muito do caráter cristão de outrora. Como certos edifícios de pedra expostos ao dardejar do sol durante o dia inteiro conservam, horas depois de entrada a noite, o calor acumulado, assim também a civilização ocidental, sem mais poder dizer-se cristã, e a despeito da decadência omnímoda em que se vai afundando, ainda está quente da ação benfazeja recebida, durante os séculos da antiga fidelidade, do Sol de Justiça (Malc. 4, 2) que é Nosso Senhor Jesus Cristo.
De onde se deve concluir que seria irrefletido, simplista, e até fanático pretender que, em contato com a civilização ocidental, os índios só têm a perder e nada a lucrar.
c ) Influência do verdadeiro Sacerdote
Quando vive na civilização atual, o verdadeiro Sacerdote tem por missão a luta. Luta a favor de tudo quanto procede de Jesus Cristo e a Ele conduz. Luta contra tudo que procede do mal, e de Jesus Cristo aparta.
Se o índio nota no missionário esta atitude valorosa, de discernimento e de luta, terá as graças e o bom exemplo para beneficiar-se dessa civilização, sem nela se corromper.
d ) Problema bizantino
Ademais, na realidade concreta em que vivemos seria perfeitamente bizantino discutir sobre se convém aos índios receber, com a presença dos missionários, também a influência de nossa civilização. Esta, no seu vertiginoso desenvolvimento técnico, os estará alcançando a todos muito em breve, com ou sem missionários. E melhor será para os índios que, junto com a civilização neopagã, cheguem também os missionários de Jesus Cristo.
e ) O agitador comunista, missionário de Satanás
Tanto mais quanto, onde for, a civilização neopagã levará consigo, o mais das vezes, o que ela mesma tem de pior, isto é, o agitador comunista, o “missionário”  de Satanás.
O exemplo da África mostra quanto o comunismo internacional empenhou-se em tirar proveito das tribos aborígenes. Quem poderá garantir que, hoje ou amanhã, ele não empreenderá o mesmo entre os índios não civilizados, ou os que venham a sê-lo?
Mais ainda. Quanto dói dizê-lo! Como poderá quem quer que seja garantir que, utilizando a infiltração ideológica em meios católicos, o comunismo não aproveite para infiltração esquerdista entre os índios, Bispos, Padres ou Religiosos cuja simpatia e cooperação tenha conquistado?
Em consequência, por todas as razões, convém que vá ao índio o bom missionário. Até para prevenir contra o “missionário” comunista.